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Pionieri scomparsi (Alberto Gasco)
 

 

Non ricordo con esattezza la prima volta che vidi Alberto Gasco, ma quasi certamente fu lungo via Milano, che percorrevo giornalmente per recarmi da casa al Conservatorio di Santa Cecilia. La mia attenzione era attratta da questo distinto signore, sempre impellicciato durante lo inverno e sempre con panciotto e colletto inamidato durante la stagione calda, che portava i capelli lunghi quasi fosse un gentiluomo del ‘600. Egli entrava nel portone de La Tribuna, giornale della sera, del quale seppi in seguito che era critico musicale. Ebbi il piacere di conoscerlo personalmente quando andai a ringraziarlo per una critica molto lusinghiera che, dopo un “saggio” al Conservatorio, egli aveva scritto per la mia Tarantella. Le sue buone parole costituirono per me un grandissimo incoraggiamento. E’ sempre con un senso di profonda e devota riconoscenza che io penso ad Alberto Gasco, uomo che univa alle innate qualità di artista e di signore, quel caratteristico scintillio di una mente sensibile ed aperta ad ogni aspetto del bello; natura traboccante di quella umanità napoletana che convive con lo spirito critico senza permettere ad esso di agire quale riduttore della bontà, ma considerandolo piuttosto come smalto per far brillare maggiormente le idee ed i sentimenti. Era nato a Napoli il 3 ottobre 1879 ed il padre, insigne anatomista, lo aveva in cuor suo destinato a seguire le proprie orme e a studiare medicina. Ma Alberto non voleva saperne di corsie e di sale anatomiche, perciò si dette agli studi universitari di legge e di lettere, laureandosi in legge. Intanto studiava la musica con Raffaele Terziani e prendeva lezioni di alta composizione da Vincent D’Indy, direttore della Schola Cantorum di Parigi, durante i soggiorni romani di questo celebre compositore francese. Gli impegni di critico musicale de La Tribuna non fanno trascurare ad Alberto Gasco la composizione: il 2 marzo 1913 viene rappresentata per la prima volta al Teatro Costanzi di Roma, la sua opera “La leggenda delle sette torri”. Scrive varie pagine musicali ispirandosi a quadri del Giorgine (Venere dormente); del Carpaccio (La visione di Sant’ Orsola) e di Bernard (Le danzatrici di Jodhpur). La suite “Primavera fiorentina” esprime invece le emozioni provate nella contemplazione di alcune fra le più significative opere pittoriche e plastiche della scuola fiorentina del XIV e XV secolo. Tra le composizioni sinfoniche citerò lo “Scherzo orgiastico”; “Buffalmacco”; “Presso le fonti del Clitunno”. Anche la seconda opera lirica “Astrea” è una prova del fervore creativo del musicista napoletano di cui è vasta la produzione di musica da camera e corale. Nel 1918 Alberto Gasco è nominato Accademico dell’ Istituto Musicale Cherubini di Firenze e nel 1918 viene eletto Accademico effettivo della Regia Accademia di Santa Cecilia. La chiara fama è ormai raggiunta e la nascente Radio lo chiama a dirigere l ' organizzazione dei programmi di Radio Roma.            Alla fine dell’estate del 1929 rientravo a Roma, dopo un periodo di villeggiatura trascorso fra le Dolomiti, ed incontrai sul treno, a Firenze, Alberto Gasco. M’invitò a prendere un tè nella vettura ristorante e volle che lo mettessi al corrente dell’attività svolta durante l’estate. Mi ero diplomato in composizione nel giugno dello stesso anno e avevo poi alternato le ascensioni sulle montagne a lavori di composizione e trascrizione. Gli dissi che avevo riesumato delle interessanti opere di alcuni maestri italiani del ‘700 e che speravo di poterle eseguire in qualche concerto. “Perché non le facciamo alla Radio?”, mi chiese. Lascio immaginare come risuonò nel mio cuore questo invito inaspettato: Alberto Gasco seguiva da tempo l’attività che io svolgevo come direttore di un’orchestra composta di studenti e di professionisti, con la quale venivano dati concerti per l’educazione musicale degli studenti medi, negli Istituti “Leonardo da Vinci” e “Torquato Tasso” di Roma. Con grande trepidazione, alcuni mesi dopo, salii le scale di Via Maria Adelaide 7, dove era allora sistemata la sede romana della Radio, per dirigervi la prima prova. Mi accolsero Riccardo Santarelli e Giulio Razzi, che divenne in seguito mio carissimo amico e mio maestro nell’organizzazione radiofonica. L’orchestra occupava una sala tappezzata di tendaggi pesanti, la cui entrata dava sull’ingresso della sede medesima, cosicché accadeva spesso che il pubblico in attesa assistesse alle prove. Gasco era onnipresente con la sua aria benevolmente indagatrice, assolvendo ad un tempo i compiti artistici ed organizzativi che la sua posizione richiedeva. Incoraggiava effettivamente i giovani, prontissimo ad alternare programmi tradizionali a programmi allora d’avanguardia. Sul podio di Radio Roma si alternavano artisti celebri e giovani sconosciuti, appena usciti dal Conservatorio. Ricordo Annibale Bizzelli preoccupatissimo per la sua prima esecuzione romana della “Rapsodia in blu” di Gershwin (se non erro con Vera Gobbi Belcredi al pianoforte) ed il sottoscritto che temeva non venisse accettata l’inclusione delle suites “Suadades do Brazil” di Milhaud, in un suo programma (eravamo nel 1931). Ma Gasco amava ed incoraggiava queste proposte, talvolta determinanti per l’assegnazione di un concerto. Egli ne discuteva i particolari seguendone poi la realizzazione. Spessissimo, durante le prove, ci si accorgeva di averlo vicino al podio oppure, durante il “riposo” dell’orchestra, di vederlo consultare attentamente la partitura di un lavoro in corso di concertazione. Discuteva con calore e la sua vivacità ed il suo fervore annullavano le differenze di età così da sentirlo giovane fra i giovani. Ricordo il suo gesto caratteristico, per sottolineare vigorosamente un’affermazione, che consisteva nell’alzare il ginocchio destro e battervi sopra il palmo della mano. Stava agli scherzi e spesso dopo il lavoro alla Radio o i concerti all’Augusteo, si univa ai giovani musicisti in totale e serena letizia. Il suo amore per la musica francese traspariva anche dai programmi radiofonici: quasi tutte le opere di Massenet vennero ripetutamente eseguite prima nell’Auditorio di via Maria Adelaide e poi in quelli di via Asiago. Grandissimo merito spetta ad Alberto Gasco per l’impronta artistica di classe elevata data ai programmi radiofonici e per la dignità delle relative realizzazioni, in tempi in cui bisognava superare difficoltà di ogni genere e vincere, con l’incredulità del pubblico, l’avversione della stampa. L’ EIAR mi invitò, alla fine del 1937, a far parte della grande famiglia della Radio. Prima di partire per Torino, salii le scale di casa Gasco, in via Marcello Prestinari, per porgere i miei devoti e riconoscenti ossequi al Maestro. Mi trattenne a lungo: era sofferente, ma mi espresse con gli occhi quei sentimenti augurali che non poteva esprimere completamente con le parole. Concluse la sua fattiva giornata terrena il 10 luglio del 1938, ma Egli è sempre vivissimo nel mio cuore così come in quello di tutti coloro che hanno avuto la fortuna di lavorare con lui.

                                                                                            (Carlo Alberto Pizzini – Febbraio 1967)